mercoledì 23 novembre 2016

DISTURBI ALIMENTARI





I disturbi del comportamento alimentare propriamente detti (DCA) sono patologie caratterizzate da un’ alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Il disturbo si manifesta a livello cognitivo con un ‘attenzione quotidiana, assolutizzata sul cibo che diventa un pensiero ossessivo, sulla dieta e su quello che bisogna o non bisogna mangiare. A livello comportamentale questi disturbi si manifestano attraverso
·         digiuno
·         diete restrittive
·      abbuffate che si manifestano con l’ingestione una notevole quantità di cibo in brevissimo tempo in cui si avverte un senso quasi di incoscienza ovvero un non riuscire a controllare cosa e quanto si mangia
·         vomito autoindotto
·         assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di contrastare l’aumento di peso
·         intensa attività fisica finalizzata alla perdita di peso.
I disturbi del comportamento alimentare insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile. Va sottolineato che le persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti sopracitati, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo alimentare. Ci sono infatti dei criteri ben precisi che  lo definiscono. Il corpo è spesso evitato e percepito in modo alterato: il vissuto corporeo di essere inadeguati, grassi, brutti e socialmente non accettabili, influenza negativamente la propria autostima e amabilità. I più diffusi e conosciuti disturbi del comportamento alimentare sono
·         anoressia
·         bulimia
·         disturbo dell’alimentazione incontrollata (binge eating disorder)
vari studi indicano che i disturbi del comportamento alimentare fanno riferimento ad un modello casuale multifattoriale, secondo cui  non esiste un’unica causa ma vari fattori possono favorirne la comparsa e il mantenimento del disturbo. 

Anoressia
La persona che soffre di Anoressia Nervosa risulta gravemente sottopeso a causa della drastica diminuzione dell’alimentazione quotidiana. La denutrizione del proprio corpo non appare tuttavia percepito dalla persona, la quale nella maggior parte dei casi non si rende conto della propria effettiva condizione fisica, bensì si percepisce come “ancora grassa”, almeno in alcune parti del corpo (in genere cosce, glutei, addome), oppure si sente soddisfatta e rassicurata dalle forme corporee attuali.
Sulla base di tale grave alterazione della propria immagine corporea la persona vive con intenso terrore   l’idea di recuperare un peso normale, in quanto ciò viene considerato come “tornare ad essere grassa”, e si mostra indifferente alle conseguenze del disturbo sul piano della salute fisica.
Tali rigide idee conducono frequentemente alla “negazione” del problema, da cui segue la resistenza oppure la ferma opposizione al trattamento del disturbo. In alcuni casi Anoressia e bulimia possono coesistere nella stessa persona come disturbo alimentare. 

Bulimia
La Bulimia Nervosa si caratterizza per la presenza di frequenti abbuffate a cui seguono comportamenti di compensazione il cui scopo è compensare le calorie ingerite. L’abbuffata è un episodio di alimentazione eccessiva  in cui viene ingerita una grande quantità di cibo e durante il quale la persona sperimenta una sensazione di perdita di controllo. La  frequenza delle abbuffate può variare da una o due volte alla settimana a più volte al giorno. Può accadere che la persona bulimica senta la necessità di terminare l’abbuffata in fretta in modo da liberarsi di ciò che è stato ingerito in modo da ridurre al minimo le calorie ingerite. Le persone bulimiche appaiono visibilmente normopeso, anche se talvolta può essere presente un leggero sovrappeso.

 Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder)
Questo disturbo è caratterizzato dalla presenza di episodi ricorrenti di abbuffate, a cui non fanno seguito condotte di  compensazione come nella Bulimia nervosa. O meglio per la precisione possono esserci l’utilizzo di condotte compensatorie quali vomito, utilizzo di lassativi, diuretici digiuno , esercizio fisico forzato ma non utilizzate in maniera sistematica per controbilanciare le calorie ingerite. Molte ricerche hanno evidenziato una forte correlazione tra questo disturbo e
·         obesità
·         diabete tipo 2
·         malattie metaboliche
·         apnee nel sonno
·         malattie cardiocircolatorie
·         sindrome del fegato grasso
·         osteoartrite
·         complicanze in gravidanza
Le persone che soffrono di Disturbo da Alimentazione Incontrollata mostrano un’alimentazione caotica, senza controllo, con un elevato introito di cibo sia durante i pasti che fuori pasto, ovvero generalmente sono presenti sia frequenti abbuffate che alimentazione eccessiva ai pasti stabiliti (colazione, pranzo, cena).

Il modello terapeutico cognitivo-comportamentale con questi disturbi mira alla ristrutturazione dei pensieri e alla gestione delle emozioni che sono alla base del comportamento alimentare patologico per favorire quei cambiamenti che rappresentano le tappe fondamentali del processo terapeutico.

mercoledì 16 novembre 2016

REGOLAZIONE EMOTIVA



Le emozioni sono importanti per il nostro benessere psicofisico, riconoscere le proprie emozioni rappresenta il primo passo per comprendere ciò di cui abbiamo bisogno. E’ importante imparare a riconoscerle, a leggere i bisogni, che vi nascondono, per agire in direzione del nostro benessere.
Vediamole da vicino
Le emozioni rappresentano esperienze soggettive positive o negative, percepibili a livello somatico, in quanto associate ad un particolare quadro dell’attività fisiologica. Ad esempio la paura è caratterizzata da alcuni connotati fisiologici, quali l’aumento del battito cardiaco,l’aumento della pressione sanguigna, la tensione muscolare, e aumento della respirazione.
Le emozioni si classificano in base a due categorie primaria e secondaria
  • Le emozioni primarie sono quelle presenti fin dalla nascita e che si trovano in tutte le culture. Si tratta di 5 emozioni : Gioia, Sorpresa, Rabbia, Disgusto e Paura. Queste emozioni sono caratterizzate anche da espressioni facciali specifiche e universalmente riconoscibili.
  • Le emozioni secondarie si svilupperebbero più tardi perché sono cognitivamente più complesse e perché hanno una derivazione sociale, dipendono cioè dai contesti culturali. Quelle secondarie sono rappresentate dalla Vergogna, Colpa, Imbarazzo o Rammarico, e sono legate ai valori specifici di una cultura che segnala quando e come provare queste emozioni. Ne segue che non hanno la stessa importanza tra i gruppi culturali e che la loro espressione facciale varia.
Le emozioni si attivano tramite due vie
  • Una breve , automatica e non riflessiva
  • Una lunga, riflessiva, caratterizzata dal pensiero, in grado di annullare o aumentare l’emozione attivata dalla via automatica e non riflessiva.
Vediamo a cosa servono le emozioni

Le emozioni sono risposte adattive dell’organismo alle stimolazioni interne ed esterne. Si sono evolute negli esseri umani nel corso degli anni, in quanto utili per la sopravvivenza. L’attivazione neurofisiologica prodotta dall’emozione produce un cambiamento. Tale cambiamento predispone l’organismo all’azione e quindi ad una funzione di protezione. Ad esempio la paura emozione a noi tutti familiare, predispone all’attacco o alla  fuga da ciò che ci impaurisce. Quando subiamo un torto da qualcuno è molto probabile che veniamo assaliti dalla rabbia e questa emozione ci predispone all’ attacco il più delle volte. Le emozioni servono anche per comunicare all’esterno, alle altre persone, ciò di cui abbiamo bisogno, in quanto caratterizzate da una specifica espressione facciale. Le emozioni assolvono anche ad un funzione interpersonale, facendo da collante fra i membri di un gruppo, e permettendo ai membri del gruppo di prestare aiuto in caso di necessità. Le emozioni creano inoltre accordo e unione fra i membri di uno stesso gruppo, in quando provando una stessa emozione, possono condividere anche la stessa azione, lo stesso comportamento. A livello cognitivo infine le emozioni, influenzano i nostri pensieri. Quando ci rendiamo conto che stiamo provando un’emozione, iniziamo ad avere pensieri su quella emozione. Questo pensiero può modificare la percezione che abbiamo di quell’evento, a seconda di come noi interpretiamo il significato di quella situazione e quindi dell’emozione  conseguente.

Strategia di regolazione emotiva

Alcuni studi empirici hanno dimostrato che alcune strategie possono avere più spesso esiti adattivi rispetto ad altre strategie:
Accettazione– ovvero avere un atteggiamento di accoglienza delle proprie emozioni e non di ostilità e giudizio. Mettersi in ascolto delle proprie emozioni, riconoscendole come parti inalienabili di noi.
Ristrutturazione cognitiva– ovvero rivalutare la situazione modificando l’attribuzione di significato per modificare anche l’emozione che ne deriva.
Problem solving– ovvero un tentativo concreto di modificare la situazione spiacevole.
Altre strategie possono avere esiti più disadattavi nel lungo termine:
  • Soppressone dell’esperienza emozionale, ovvero soffocare sul nascere l’emozione
  • Soppressione espressiva , ovvero cercare di nascondere i segni espressivi (facciali e corporei ) dell’emozione.
  • Rimuginio e ruminazione, ovvero ripensare e ripetersi mentalmente senza soluzione di continuità la situazione spiacevole, le sue cause e conseguenze.
  • Evitamento sia sul piano esperienziale che comportamentaleevitando la situazione che potrebbe generare una specifica emozione ritenuta spiacevole in valenza o intensità.
Va precisato che non ci sono strategie funzionali ed altre disfunzionali; piuttosto una persona che riesce ad utilizzare in modo flessibile – non rigido! più strategie di regolazione emozionale riuscirà evidentemente ad essere responsivo nei confronti dell’ambiente e a mantenere anche un buon equilibrio e non solo.

mercoledì 9 novembre 2016

DIABETE E ADOLESCENZA



Per tutti l’adolescenza rappresenta una fase di transizione da uno stato di dipendenza familiare, in cui la famiglia rappresenta la base sicura ma dalla quale ci si vuole svincolare perché non più bambini ad una fase di indipendenza in cui però non si è ancora propriamente adulti.  E’ quello dell’adolescenza un periodo molto delicato , costellato il più delle volte da conflitti familiari, incapacità relazionali, riorganizzazione dell’immagine di sé e dello schema corporeo. Ma cosa accade quando in questo momento di passaggio si sovrappone per l’adolescente l’avere a che fare con una patologia cronica come il diabete.

Cambiamenti comportamentali e psicosociali

Oltre ai cambiamenti metabolici e ormonali nell’adolescenza assistiamo anche a modifiche comportamentali e psicosociali, fattori che possono impattare sul controllo del diabete. Assistiamo in genere a mutamenti nei rapporti con le figure di riferimento, ribellioni, tentativi di svincolo dalla famiglia . Questo processo di maturazione ovviamente influenza ed è influenzato dalla gestione di una malattia cronica come il diabete. La malattia infatti crea una situazione di dipendenza , proprio nella fase in cui l’adolescente sente maggiormente la spinta a definire la propria indipendenza e autonomia. Il desiderio di svincolarsi dalla famiglia, potrebbe coincidere con una ribellione nell’autogestione della malattia non praticata cioè in maniera rigorosa, con controlli farmacologici non eseguiti, e regimi alimentari non consoni ad una dieta specifica e controllata. Queste condotte comportamentali potrebbero stare a significare la rottura di un legame di dipendenza dalla famiglia, ma anche dai medici e dai regimi terapeutici. Tutto questo al solo scopo di affermare la propria identità ancora non ben definita, e la propria espressione di libertà anche attraverso atteggiamenti  di sfida e di ribellione.  L’adolescente non avendo ancora una propria autonomia e identità è incapace di pensare a se stesso come adulto responsabile , quindi potrebbe non dare importanza alla prevenzione per le conseguenze delle complicanze diabetiche. Inoltre il più delle volte non osserva le necessarie indicazioni per mantenere un buon controllo metabolico, divenendo questo motivo di conflitti  e scontri con i genitori. Dal punto di vista emozionale l’adolescente diabetico può mostrare segni di difficoltà emotiva nei confronti della malattia: rabbia, negazione della malattia, senso di ingiustizia, amplificazione degli aspetti negativi del diabete, identificazione con la propria malattia. O anche collegare il diabete a tutte le esperienze negative, credere che il diabete privi delle normali opportunità che la vita offre, sentirsi diverso, chiudersi in sé stesso; in buona sostanza addebitare al diabete tutte le difficoltà e le complessità dell’adolescenza. In questa fase è importante che i medici specialisti mantengano una buona relazione con l’adolescente prefiggendosi obiettivi comuni da raggiungere attraverso una buona alleanza terapeutica . In questo contesto diventano importati i coetanei come punti di riferimento, il gruppo diventa la sua figura di riferimento per la maturazione e lo sviluppo di una propria identità , permettendo di uscire da una fase di isolamento in cui molti ragazzi adolescenti si ritrovano.


Come comportarsi con un adolescente diabetico

Per un genitore non sempre è facile sapere come comportarsi con il figlio adolescente, spesso è confuso ha paura di sbagliare. Diciamo innanzi tutto che non ci sono comportamenti giusti o sbagliati da adottare ma dipende molto dalla personalizzazione del  caso , però ci sono degli elementi comuni su cui possiamo fare leva per evitare problematiche future. Innanzi tutto bisogna evitare
·         di identificare qualsiasi comportamento del figlio con la problematica del diabete
·         di prestare eccessiva attenzione alla glicemia
·         di non incoraggiare l’autogestione della propria malattia
·         di mostrare mancanza di fiducia nei confronti del figlio
Bisogna sottolineare però che se è dannoso non dare responsabilità e fiducia, lo è parimenti eccedere nel dare indipendenza. In entrambi i casi il rischio è di trovarsi davanti ad un adolescente che peggiora la sua adesione alla cura o che sviluppa disordini di comportamento alimentare (anoressia, bulimia, binge eating disorder) o altre problematiche quali ansia e depressione. I conflitti coi genitori diventano sempre più frequenti, i controlli ambulatoriali si saltano perché ritenuti non importanti, le abbuffate  alimentari diventano una costante . Tutti fattori che rendono la gestione del diabete più pesante e che possono impattare sulla  qualità di vita dell’adolescente e dei suoi familiari.


Per qualsiasi informazione potete contattarmi direttamente alla mia mail dottmariacarcuro@gmail.com o telefonarmi al Tel 347 9733631 e vi ricordo che in occasione della giornata mondiale del diabete è possibile prenotare una visita gratuita.  


giovedì 3 novembre 2016

L'IMPORTANZA DI UNA TERAPIA PSICOLOGICA




I più grandi ostacoli della vita si trovano nella nostra mente. C’è sempre la soluzione a tutti i problemi, basta avere un aiuto per poterli superare. I motivi di disagi sono molteplici, poiché la società attuale, nella sua complessità, richiede sempre più risposte pronte, veloci che talvolta sono causa di stress.
Purtroppo a volte ci sentiamo inadeguati e privi di strumenti per poter superare certe situazioni, sia nella vita privata, che in quella lavorativa e relazionale. Qualsiasi disagio può essere facilmente risolto, con un aiuto psicoterapeutico, diretto, pratico, efficace, grazie  alla terapia cognitivo comportamentale. Questo tipo di terapia è attualmente considerata a livello internazionale come uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione e il trattamento dei disagi psicologici. Si propone di aiutare le persone  ad individuare i pensieri disfunzionali ricorrenti di interpretazione della realtà , al fine di sostituirli o integrarli  con convinzioni più funzionali.
LA TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE
LE SUE CARATTERISTICHE
  • E’ scientificamente fondata – Attraverso studi controllati, molte ricerche hanno dimostrato che questa terapia, risulta molto efficace.
  • E’ orientata allo scopo– Il terapeuta lavora insieme al paziente, per stabilire gli obiettivi della terapia, concordando insieme al paziente un piano di trattamento più consono al paziente.
  • E’ pratica e concreta- Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione, dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e dell’eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o l’eliminazione dei rituali compulsivi o dei comportamenti alimentari patologici, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e cosi via.
  • È collaborativa –Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi, è  infatti, una psicoterapia sostanzialmente basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nella identificazione e nella messa in discussione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei problemi emotivi e comportamentali che attanagliano il paziente
  • È a breve termine- La durata della terapia varia di solito dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’ uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.

mercoledì 2 novembre 2016

ATTACCO DI PANICO SINTOMI E CURA




Gli attacchi di panico si manifestano come episodi di intensa e improvvisa paura che si concretizza con palpitazioni tremori, sudorazione, paura di impazzire di morire e di perdere il controllo.
Gli attacchi di panico possono presentarsi all'improvviso, senza evidenti motivi, come “un fulmine a ciel sereno” oppure possono essere situazionali, cioè scatenati da uno specifico evento. Chi ha provato gli attacchi di panico li descrive come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta.
E' ovvio che la paura di un nuovo attacco diventa immediatamente forte. Il singolo episodio, quindi, sfocia facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per “paura della paura” che altro. La persona si trova rapidamente invischiata in un tremendo circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta “agorafobia“, ovvero l’ansia relativa all’ essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato.
Con la paura degli attacchi di panico diventa quindi pressoché impossibile uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via. Gli attacchi di panico possono inoltre presentarsi a causa di condizioni mediche generali o altre cause fisiche.
Chi soffre di attacchi di panico dovrebbe effettuare una visita medica per escludere le seguenti patologie organiche:
·       Prolasso della valvola mitralica: un problema cardiaco minore che insorge quando una delle valvole cardiache non si chiude correttamente
·         Ipertiroidismo
·         Ipoglicemia

oppure condizioni derivanti da
·         Utilizzo di sostanze stimolanti ( anfetamina, cocaina, caffeina)
·         Astinenza da farmaci
Il primo attacco di panico non si scorda mai

Il primo attacco di panico è generalmente inaspettato, cioè si manifesta “a ciel sereno”, per cui il soggetto si spaventa enormemente e, spesso, ricorre al pronto soccorso; poi possono diventare più prevedibili.
Per la diagnosi sono richiesti almeno due attacchi di panico inaspettati, ma la maggior parte degli individui ne hanno molti di più.
Gli individui con Disturbo di Panico mostrano caratteristiche preoccupazioni o interpretazioni sulle implicazioni o le conseguenze degli attacchi di panico. La preoccupazione per il prossimo attacco o per le sue implicazioni sono spesso associate con lo sviluppo di condotte di evitamento che possono determinare una vera e propria Agorafobia, nel qual caso viene diagnosticato il Disturbo di Panico con Agorafobia.
Di solito gli attacchi di panico sono più frequenti in periodi stressanti. Alcuni eventi di vita possono infatti fungere da fattori precipitanti, anche se non indicono necessariamente un attacco di panico. Tra gli eventi di vita precipitanti riferiti più comunemente troviamo il matrimonio o la convivenza, la separazione, la perdita o la malattia di una persona significativa, l’essere vittima di una qualche forma di violenza, problemi finanziari e lavorativi.
I primi attacchi si verificano di solito in situazioni agorafobiche (come guidare da soli o viaggiare su un autobus in città) e comunque spesso in qualche contesto stressante.
Gli eventi stressanti, le situazioni agorafobiche, il caldo e le condizioni climatiche umide, le droghe psicoattive possono infatti far insorgere sensazioni corporee che possono essere interpretate in maniera catastrofica, aumentando il rischio di sviluppare attacchi di panico.
Sintomi
I sintomi degli attacchi di panico generalmente sono:
-Palpitazioni/tachicardia (battiti irregolari, pesanti, agitazione nel petto, sentirsi il battito in gola)
-Paura di perdere il controllo o di impazzire (ad esempio, la paura di fare qualcosa di imbarazzante in pubblico o la paura di scappare quando colpisce il panico o di perdere la calma)
- Sensazioni di sbandamento, instabilità (capogiri e vertigini)
- Tremori fini o a grandi scosse
- Sudorazione
- Sensazione di soffocamento
- Dolore o fastidio al petto
- Sensazioni di derealizzazzione (percezione del mondo esterno come strano e irreale, sensazioni di stordimento e distacco) e depersonalizzazione (alterata percezione di sé caratterizzata da sensazione di distacco o estraneità dai propri processi di pensiero o dal corpo)
- Brividi
- Vampate di calore
- Parestesie (sensazioni di intorpidimento o formicolio)
- Nausea o disturbi addominali
- Sensazione di asfissia (stretta o nodo alla gola)
Come si curano gli attacchi di panico?
In molti studi, la terapia cognitivo comportamentale è risultata il miglior trattamento per i disturbi di attacchi di panico e d'ansia. E’ particolarmente efficace per combattere gli attacchi di panico, con un successo dell’80- 90% dei casi.
La terapia ha due componenti:
a) l’identificazione e l’evoluzione del pensiero dai modelli distorti che portano all’ ansia (terapia cognitiva) e b) la desensibilizzazione dell’ansia attraverso l’esposizione alle situazioni temute (comportamento- terapia).
L’importanza assegnata a ciascuno dei due aspetti dipende dalla natura del problema. Il primo passo verso il recupero è una buona diagnosi, non si può risolvere un problema se non lo si conosce.
Una volta che è stata fatta la diagnosi, il recupero è già in atto, anche se bisogna ricordare che è necessaria disciplina e dedizione perché si possa risolvere il problema al fine di superare gli attacchi di panico è necessario capire qual è la causa scatenante; spesso proprio la comprensione del problema è la chiave per la guarigione.
La psicoterapia cognitivo comportamentale spiega alla persona il ruolo dell’ansia nell ’innesco del panico, il ruolo dello stress, della personalità, dell’iperventilazione, degli evitamenti nella cronicizzazione del disturbo. La cura dagli attacchi di panico non può prescindere dall’ analisi dei pensieri catastrofici che fanno interpretare i segnali dell’ansia come eventi terribili quali l’infarto, la pazzia o la perdita di controllo.
L’esposizione graduale agli eventi temuti è uno degli strumenti chiave nella cura degli attacchi di panico secondo l’approccio della psicoterapia cognitivo comportamentale, attraverso l’esposizione la persona ha la possibilità di smentire l’ipotesi catastrofica temuta ed inizia pian piano ad riappropriarsi della propria vita.
L’approccio della psicoterapia cognitivo comportamentale ai problemi di panico è, confrontata ad altre psicoterapie, abbastanza breve (entro pochi mesi, se si seguono le indicazioni del terapeuta, si possono già avere risultati molto buoni), orientata agli obiettivi, attiva, misurabile, efficace.