venerdì 30 settembre 2016

CHE STRESS!!!…… LO STRESS



Nella vita di tutti i giorni è facile sentirsi stressati. Impegni che si susseguono, preoccupazioni, problematiche di vario genere, possono diventare fonte di disagio. Ma cos’è effettivamente lo stress? Scopriamolo in questo articolo in cui viene fatta una panoramica generale di cosa sia effettivamente lo stress per poi passare ad alcuni rimedi pratici.
Lo stress può essere considerato come uno stato di tensione, di allarme che può coinvolgere totalmente la persona sia a livello fisico che mentale. Rappresenta una risposta immediata, un insieme di reazioni che interessano l’intero sistema nervoso, il sistema endocrino e immunitario.
Si manifesta in tre fasi, che vanno a rappresentare la cosi detta  Sindrome Generale di Adattamento(GAS)
  • ·     Fase di allarme si caratterizza perché la persona avverte un eccesso di sollecitazioni, ambientali, emotive, e cerca in tutti i modi di far fronte a questa necessità, per tornare ad una fase iniziale di stabilità. Il corpo interpreta questa condizione come un pericolo e di conseguenza vengono rilasciati in circolo gli ormoni, cortisolo, adrenalina e noradreanalina , con un aumento di dieci volte di più rispetto ad una condizione normale.
  • ·       Fase di resistenza è la cosi detta seconda fase, chiamata cosi perché la persona cerca di adattarsi alle sollecitazioni che riceve finché l’elemento stressante non scompare. In questa fase c’è la sovrapproduzione di cortisolo che causa un indebolimento delle difese immunitarie. A lungo andare lo stress cronico, può con molta probabilità favorire l’insorgenza di molte malattie di tipo virale, batterico e autoimmuni.
  • ·   Fase di esaurimento questa fase si caratterizza per il fatto che il nostro corpo, percepisce il pericolo come finito oppure cadono tutte le difese e quindi le energie cominciano a venir meno, ci troviamo di fronte ad una vera e propria fase depressiva .

Va sottolineato che quando la persona si trova di fronte a fasi di stress cronico, potrebbe sentire la necessità impellente di mangiare di più oppure utilizzare sedativi, alcool, fumo, per calmare lo stato ansiogeno associato al periodo di stress.

I SINTOMI DELLO STRESS

Regolare difficoltà ad addormentarsi
Frequente desiderio di piangere
Costante senso di stanchezza e di sonno
Difficoltà nella concentrazione e nel prendere decisioni
Tic nervosi
Irritabilità
Senso di inadeguatezza
Perdita d’interesse per il sesso
Voracità
Pensieri tristi e cupi
Aumento del consumo di tabacco e di alcool
Mancanza di entusiasmo
Guida veloce e pericolosa

COME GESTIRE LO STRESS CON DEI RIMEDI PRATICI

  Pensare a se stessi
Prendersi cura di sé, facendo per almeno dieci minuti al giorno qualcosa che vi piace fare, leggere un libro, ascoltare musica, guardare un film. Insomma qualcosa che amate fare e che vi fa stare bene.
  Dieta sana
Seguire una dieta bilanciata , varia  e ricca di nutrimenti essenziali. Soprattutto la dieta non deve essere intesa come privazione ma come un elemento che fa bene a corpo e mente.
  Munirsi di autoironia
Impariamo a non prenderci troppo sul serio , a ridere di noi stessi e a vivere la vita con leggerezza.
  Non tenersi tutto dentro
Parlatene con qualcuno, un amico, un confidente vi aiuterà a liberarvi delle emozioni negative che invece se soffocate si somatizzeranno  recando malessere a tutto l’organismo.
  Circondatevi di persone positive
Le persone negative non faranno altro che acuire il senso di stress. Le persone propositive vi aiuteranno a superare le difficoltà e quindi a stare meglio.
  Stare all’ aria aperta
Da molti studi è emerso che stare a contatto con la natura aiuta molto a ridurre lo stress. Una passeggiata al parco o in un viale alberato aiuta molto a ridurre la concentrazione di stress.

Questi elencati sono solo alcuni rimedi pratici che chiaramente possono essere presi in considerazioni per eventi di lieve stress. Se ci troviamo di fronte a forme croniche o acute di stress è consigliabile  rivolgersi ad uno psicoterapeuta .


lunedì 19 settembre 2016

IL DIABETE E LA TRAPPOLA DELLA MENTE




Spesso pensieri ed emozioni fortemente negative condizionano enormemente la nostra vita e le nostre capacità di far fronte alle difficoltà. Quello che pensiamo e quello che sentiamo a livello emotivo ci indirizzano verso comportamenti che possono essere disfunzionali e creare disagio.
Quando dominano emozioni fortemente negative perdiamo la capacità di vedere aspetti positivi nella nostra vita, nel nostro lavoro, nella nostra relazione, risulta più difficile far fronte agli impegni, ci sentiamo demotivati , stanchi e perché no anche depressi o in ansia per il futuro. Se ci troviamo di fronte ad una patologia come il Diabete, ci sono pensieri negativi rispetto al futuro rispetto alla vita di tutti i giorni, è una malattia cronica e bisogna conviverci quotidianamente con il trattamento farmacologico e il cambiamento dello stile di vita, una dieta corretta che non sempre è facile attuare. Ne consegue che seguire un’alimentazione corretta e la gestione del peso possono essere gravemente compromesse da pensieri ed emozioni negative. Spesso la persona si pone obiettivi di controllo dell’alimentazione, di perdita di peso, e di gestione della malattia di tipo perfezionistico o del tipo tutto bianco o tutto nero ad esempio “non posso permettermi assolutamente uno spuntino fuori pasto” oppure “devo perdere 20 Kg in pochi mesi”. Se questi obiettivi perfezionistici non vengono soddisfatti la persona pensa di aver fallito e quindi di contro si lascia andare completamente perché si giudica molto negativamente. Non sono stato all’altezza di raggiungere ciò che mi ero prefissato penserà e si giudicherà in maniera molto negativa. Questo atteggiamento non farà altro che demotivare il paziente diabetico dal perseguire un regime alimentare corretto e l’aderenza al trattamento farmacologico. A questo punto è molto probabile che come in un circolo vizioso il paziente si prefiggerà nuovamente obiettivi perfezionistici a cui seguirà nuovamente una perdita di controllo che farà sentire di nuovo il fallimento della dieta e quindi l’acquisto di peso. Ne conseguirà nuovamente un vissuto emotivo di depressione, tristezza, di fallimento , una trappola emotiva da cui sembra impossibile liberarsi.

La terapia cognitivo comportamentale per quanto riguarda il controllo dell’alimentazione lavorando sugli stili di pensiero perfezionistico, dicotomico, rigido, permetterà di raggiungere obiettivi sempre più realistici e attraverso il riconoscimento  dei pensieri disfunzionali e degli errori cognitivi permetterà di individuare i tranelli della nostra mente in cui spesso cadiamo. Per quanto riguarda la gestione del trattamento farmacologico,una persona con diabete di fronte a livelli di glucosio elevati potrebbe reagire cognitivamente dicendo a se stesso “è un disastro” non riuscirò mai a tenere sottocontrollo il diabete “mi sento di non valere”. Da questo modo di pensare potrebbe scaturire nella persona un vissuto emotivo di tristezza , abbattimento , rabbia, delusione e quindi arrendersi al trattamento e alla gestione della malattia. Un lavoro psicoterapeutico in tal senso potrebbe aiutare la persona nel favorire l’autoefficacia, l’autostima, nel favorire una migliore concezione di se stesso. Generalmente per una migliore efficacia del trattamento si coinvolgono laddove è possibile i familiari o chi si prende cura del paziente diabetico,insegnando a gestire i conflitti che possono minare l’intero equilibrio familiare e la gestione della malattia stessa, riconoscendo l’importanza che l’intero sistema familiare ha nella gestione ottimale della patologia. 

lunedì 5 settembre 2016

Una pungente paura: L’AGOFOBIA







Per molte persone con diabete, l’iniezione di insulina rappresenta un appuntamento quotidiano, un’abitudine a cui purtroppo non possono sottrarsi. Ma cosa accade quando oltre al disagio della malattia si presenta anche una forte paura di fare l’iniezione di insulina per esempio? Il paziente non prova solo fastidio, ma una vera e propria sensazione di forte ansia o di panico, quando deve iniettarsi l’insulina, o eseguire i controlli glicemici.

Si stima infatti che circa il 10% delle persone sia AGOFOBICA e che la sintomatologia può variare da un soggetto ad un altro. Vediamo più da vicino alcuni dei sintomi più comuni, quando si ha paura dell’ago:
  •          Tachicardia
  •          Vertigini
  •          Nausea
  •          Sudorazione eccessiva
  •          Svenimento
  •          Pallore
  •          Abbassamento della pressione sanguigna

Questo quadro sintomatologico può manifestarsi, per un prelievo di sangue, una vaccinazione o appunto la somministrazione ripetuta di un farmaco o sostanza, proprio come avviene nel diabete. Questo tipo di fobia si può manifestare nel adulto come nel bambino. Ci sono persone che possono avvertire un senso di vuoto, un “mancamento” che può sfociare in una perdita di coscienza, subito dopo una puntura, a causa di un riflesso vagale vasomotore che determina un abbassamento della pressione sanguigna. Questo tipo di reazione generalmente si riscontra nelle persone adulte ed è più comune negli uomini che nelle donne. Altre persone invece  temono il dolore in seguito all’iniezione, altre hanno paura della dimensione dell’ago. Inoltre le manifestazioni più evidenti avvengono in seguito a prelievi di sangue e ad iniezioni intramuscolari. Nei bambini invece la paura di essere punti dal ago si manifesta più che altro come paura del dolore conseguente alla puntura dell’ago, perché hanno una soglia dolorifica più bassa. Come per l’adulto anche per il bambino non va trascurato il trattamento di questa fobia infantile, perché un trattamento precoce, fin dal suo prima manifestarsi, può impedire che questi bambini da adulti diventino “agofobici”.
Vediamo ora quali possono essere i fattori che aumentano il rischio di diventare agofobici:
  •          Esperienze traumatiche precoci
  •          Reazioni avverse durante un’iniezione
  •          Durata del trattamento
  •          Senso di isolamento

 Vediamo questi fattori più in dettaglio:

Per esperienze traumatiche s’intende ad esempio una iniezione difficoltosa, o praticata da qualcuno che ha utilizzato una tecnica sbagliata, che ha provocato un forte dolore o che non ha avuto le  giuste accortezze. Non è ancora facile stabilire se una prima esperienza traumatica, come una prima iniezione difficoltosa, rappresenti la causa della successiva agofobia, oppure rappresenti solo il primo episodio di una vera e propria malattia che esordisce in quella situazione. Nell’ agofobia non è da escludere anche l’ereditarietà, alcuni studi hanno evidenziato infatti che le persone agofobiche hanno uno dei due genitori o un fratello con la stessa fobia.

Per reazioni avverse durante una iniezione s’intende ad esempio una reazione allergica, o ad un vaccino somministrato per iniezione. Queste reazioni avverse per associazione possono far scaturire nel paziente la paura di sottoporsi ad altre iniezioni per le conseguenze avvertite in precedenza.  

Nei trattamenti a lungo termine è molto più probabile che si sviluppi la paura dell’ago per le ripetute esperienze. Ma diventa  ancor più invalidante  quando il paziente ad esempio diabetico deve sottoporsi a trattamenti come la terapia insulinica e l’autocontrollo glicemico mediante prelievo di sangue capillare. Il paziente in questione non solo deve accettare, convivere con una malattia cronica che comporta un cambiamento nello stile di vita , ma deve convivere quotidianamente con la paura e il disagio conseguente al trattamento del diabete laddove si è anche agofobici . Chiaramente questo potrebbe rappresentare uno dei fattori che concorrono alla riduzione della compliance farmacologica e quindi alla buona riuscita del trattamento del diabete.

Senso di isolamento cioè la difficoltà a non riuscire a comunicare questa paura ai propri familiari, al medico, a chi deve farci l’iniezione. Questo atteggiamento di chiusura non fa che aumentare il nostro disagio e la paura e non permette a chi deve farci l’iniezione di avere un’accortezza maggiore nei nostri confronti.

Quale trattamento per l’agofobico?

Innanzitutto rivolgersi ad un esperto psicoterapeuta quando la fobia è invalidante per il successo delle terapie farmacologiche.
Parlarne del problema  innanzitutto serve a circoscriverlo, definirlo e razionalizzarlo. Spesso il paziente sa che la sua paura è immotivata, sproporzionata al evento, ma non sa come gestirla . Si farà quindi una buona anamnesi per capire l’origine del problema e come controllarlo. La terapia cognitivo comportamentale rappresenta un valido rimedio per le fobie perché attraverso alcune tecniche scientificamente dimostrate, permette di vincere la paura. Ad esempio la desensibilizzazione sistematica , l’esposizione sono solo alcuni esempi di  tecniche che funzionano e che hanno buoni risultati nel trattamento delle paure.

www.psicoterapeutacarcuro.it

venerdì 2 settembre 2016

LO STRESS EMOTIVO PEGGIORA IL DIABETE


Esiste una correlazione dimostrata da molti studi, che evidenzia una influenza  tra stato psicologico  e controllo metabolico nel diabete sia di tipo 1 che 2.

Del resto come evidenziato dal DSM-IV-TR, i fattori psicologici possono influenzare il decorso di una patologia organica,interferendo con i trattamenti, o possono esacerbare i sintomi della condizione patologica, scatenando le reazioni fisiologiche correlate allo stress(Criteri DSM-IV-TR). Secondo uno studio condotto da un team di ricercatori dell’University of California, San Francisco (Ucsf), lo stress emotivo legato all’ansia provocata dalla gestione del diabete, può peggiorare l’andamento della patologia. Al contrario se migliora lo stato emotivo, attraverso uno stile di vita più sano migliora anche la condizione medica.
Tutto questo perchè in condizioni di stress psicologico è più difficile
  • ·         Autogestirsi
  • ·         Mantenere uno stile di vita corretto
  • ·         Mantenere l’aderenza alla terapia farmacologica
  • ·         Essere costanti nel controllo glicemico e compilazioni del diario giornaliero
  • ·         Seguire una dieta sana
  • ·         Incrementare l’attività fisica

Quando si è stressati si avverte la tendenza a mangiare cibi più grassi, non salutari, snack più ipercalorici, si è meno propensi a fare lunghe passeggiate, si gestisce male la rabbia e di conseguenza si hanno più conflitti familiari e di coppia. Di conseguenza lo stress condizionando negativamente il comportamento va a sua volta ad influenzare negativamente lo stato della glicemia. Si può quindi affermare che l’aspetto emotivo della condizione diabetica, influisca in modo diretto sull’andamento della glicemia e che lo scarso controllo della glicemia, porti ad una scarsa motivazione nel cambiare lo stile di vita, aumentando lo stress come in un circolo vizioso.




Scendendo più nel dettaglio i tre principali modi in cui lo stress può influenzare il diabete sono

·         Gli ormoni dello stress aumentano i livelli di zuccheri nel sangue. Quando si è stressati il corpo rilascia gli ormoni dello stress, il cortisolo. Molti studi hanno evidenziato la presenza maggiore di questo ormone nei diabetici rispetto al gruppo di persone non diabetiche. Inoltre gli ormoni dello stress fanno aumentare il battito cardiaco, la velocità del respiro inviando più glucosio nel sangue per dare più energia all’organismo e ai muscoli qual’ora ne avesse bisogno.
·        Lo stress contribuisce alla resistenza all’insulina. Gli ormoni dello stress rendono ancora più difficile al pancreas, secernere l’insulina che ha una funzione importante nel normalizzare i livelli di glucosio nel sangue.
·        Lo stress contribuisce all’aumento di peso. Il cortisolo fa aumentare l’appetito, di conseguenza si ha un aumento di peso, immagazzinandosi il grasso sulla pancia , questo non fa che far aumentare i rischi di malattie cardiocircolatorie e l’infarto.
Diventa quindi indispensabile saper gestire lo stress. L’ascolto di un professionista , che magari insegna tecniche di rilassamento potrebbe aiutare la persona diabetica a gestire i suoi momenti di criticità e quindi ad allentare lo stress. Inoltre le caratteristiche di cronicità del diabete e le conseguenze emotive , fanno si che un approccio globale e integrato verso il paziente, sia da considerarsi una necessità fondamentale, al fine di evitare ed anzi poter prevenire, condizioni di complicanza o di insorgenza di ulteriori patologie aggiuntive.

www.psicoterapeutacarcuro.it